
La perfezione conduce a porsi obiettivi irrealizzabili, contribuisce all’infelicità e all’insoddisfazione continua.
Nonostante ciò, è praticata da parecchie persone. Non conosce barriere sociali, colpisce sia professionisti, scienziati, artisti, persone di ogni rango sociale e culturale. Colpisce sia uomini che donne, è una sindrome trasversale a tutte le categorie presenti nella società.
Con questo articolo vogliamo contribuire a dare una mano, perché il perfezionista vive perennemente angosciato, non è libero in alcune sue manifestazioni. Ha questa spada di Damocle sul collo, che gli impedisce di realizzarsi. Numerosi sono i limiti che ci poniamo, spesso sono auto limitanti, non hanno nessun riscontro oggettivo, sono solo rappresentazioni mentali, dovute sovente alla prima infanzia, dove genitori insicuri pretendono che i figli raggiungano obiettivi che loro stessi non sono riusciti a raggiungere. Insomma l’insicurezza che si trasmette di padre in figlio.
Invece chi accetta l’imperfezione vive meglio, è più sano, non ha l’ansia da prestazione, raggiunge gli obiettivi in quanto mettono in programma obiettivi realizzabili. Si stimano di più, hanno una visione della vita più sportiva ed accettano i propri difetti come manifestazioni della propria natura umana.
Per realizzare i nostri sogni non abbiamo bisogno di “dover fare” ma di “voler fare”. Se devo fare, è un compito, un precetto imposto, dove il piacere è nascosto. Voler fare è una scelta, è un piacere.
Un modo certo per sabotare i progetti più importanti è quello di realizzarli Perfettamente. La perfezione che diventa un’idea fissa ed ossessiva è una tragedia per noi e per i nostri principali obiettivi e per chi ci sta vicino.
Le regole troppo rigide uccidono i propositi più nobili. Tra noi, presunti esseri razionali e gli obiettivi c’è un terzo incomodo, la nostra mente più profonda. Quella è sempre in una botte di ferro, si fa viva quando meno ce lo aspettiamo. Questo aspetto, prioritario su ogni evento umano, non va sottovalutato, pena il fallimento dei propositi.
La politica del tutto o niente, è un modo rigido, di nessun vantaggio per nessuno ed è ecologicamente uno sperpero di energia. Perché? Perché le nostre migliori risorse che potrebbero essere liberate ed applicate per farci realizzare invece sono sotto il ricatto del falso concetto del perfezionismo, che non esiste e non è praticabile da nessuno. Proviamo a metterci intanto l’anima in pace.
Prima di elencare le strategie per correggere ed emendare in nostro perfezionismo, dobbiamo aprire una parentesi e accennare alla Consapevolezza. Se conosciamo i meccanismi, o parte di essi, del funzionamento della nostra mente possiamo disinnescarli oppure correre ai ripari gestendo meglio queste situazioni che non abbiamo scelto ma che ci troviamo come ostacolo davanti al nostro cammino.
Disarticolare le trappole cognitive, quelle per cui il nostro cammino diventa difficile se non impossibile, è il nostro compito attraverso la Consapevolezza. Il lavoro è duro, ma niente è gratis. Più i propositi sono ambiziosi e più bisogna lavorarci. Altrimenti niente si muove e quindi niente si trasforma. Conosciamo il nostro vecchio armamentario, vediamo di fare la conoscenza del nuovo. Abbiamo bisogno di tutta la nostra flessibilità. Se diventiamo flessibili non verremo spezzati dai problemi, bensì costruiremo un ambiente meno puritano, meno ansioso, con l’angoscia ridotta al minimo. Le mie sette fasi per attenuare la Perfezione sono:
1 Vedere l’imperfezione è un gesto umano di presa d’atto che il nostro mondo interiore è così. Siamo talmente soggetti a tante emozioni, riflessioni, bias cognitivi, dimenticanze, aggressività, dove sovrastimiamo o sottostimiamo la nostra realtà. Può essere a volte deformata da eccessi di stimoli, di vari ormoni, che incominciare ad avere un sano dubbio è l’aspetto più meritorio. In fondo la nostra strada perfezionista non ci porta da nessuna parte, da qui si può iniziare a lavorare.
2 Accettare la nostra umana imperfezione fatta di ingegno e di tante lacune che fa pace con le parti più insicure. Chi si accetta vive meglio, può lavorare con più interesse sia nell’ambiente di lavoro che nel proprio cantiere mentale. Percepire la fragilità come componente essenziale della vita ci fa diventare più coraggiosi, più saggi, più motivati a migliorare. Un perfezionista non può lavorare con soddisfazione nel suo cantiere perché eternamente insoddisfatto. Non troverà mai pace se non metterà in discussione le sue fantasie distruttive, perché di questo si tratta.
3 Dialogare con se stessi significa che niente è perduto. Il dialogo interiore, nella nostra mente, ha un portato essenziale. Intanto perché dialoghiamo, dobbiamo solo comprendere che deve cambiare la qualità del discorso. Ogni momento è un continuo pensare, senza rendercene conto, assentiamo o dissentiamo. Capiamo quanto ci influenza positivamente osservando i frutti che raccogliamo. Quando sono consapevole che posso orientare il dialogo a mio favore, positivo, allora raccoglierò. E sono pronto a mettere in discussione il mio perfezionismo. Non è una passeggiata. Richiede un lavoro continuo, discontinuità nelle soluzioni. Se sono interessato e non sono tutt’uno con l’idea della Perfezione, io posso farcela.
4 Incominciare a perdere il controllo della nostra perfezione. Lasciarsi andare, fare cose comunque. Quanto sono importanti i grandi amici se vinciamo la diffidenza del dialogo. Ci confidiamo, ci misuriamo. I pregiudizi ci confinano per tutto il tempo in questo sistema di controllo, per cui tutto è scontato, non sono ammesse discussioni, non si contesta nessuno. Sto sempre parlando del dialogo interiore. Smontare gli assi portanti di questa struttura illusoria. Rassegniamoci, non esiste la perfezione e tutto ciò che gravita intorno. Lavorarci sopra senza fermarsi. Conoscere l’avversario, studiarlo, leggere libri. Se sono determinato vinco, altrimenti tiro a campare.
5 cinque gradi d’insicurezza. I tanti aspetti dell’insicurezza non rendono un buon servizio al nostro vivere. Non si affrontano nuove sfide, ci accontentiamo perché non crediamo abbastanza a noi stessi. Eppure l’insicurezza può essere affrontata e resa più plasmabile. Come ho scritto in alcuni articoli, i piccoli passi fanno la differenza. Piccole conquiste, piccoli avamposti superati. D’altronde nessuno può fare le cose per noi. Prima o poi dobbiamo bere quel calice che sembra amaro, in realtà il cambiamento è dietro l’angolo. Per esempio fare un compito qualsiasi per due minuti al giorno per un mese, permette poi di passare alla fase più avanzata.
6 Sei pronto? Iniziamo. Quando ci si rende conto dei limiti artificiali che bloccano le persone, siamo già a metà percorso. Persone che non sono mai pronte, non sono pronti a vivere meglio e a diventare miglior,i nelle emozioni, appagamento e realizzazione. Quando siamo pronti, nonostante il peso che ci portiamo, allora già questa consapevolezza rende tutto più semplice.
7 Io voglio bene alla mia imperfezione perché la Perfezione è un artificio della mente che non porta da nessuna parte. Anzi, ci obbliga a restare fermi, se non cambiamo strategia, per tutta la vita.
Io sono consapevole, apprezzo la mia imperfezione perché mi permette di migliorare e di avere tante soddisfazioni. Contrariamente agli aspiranti alla Perfezione che Aspettano. Essi sono bloccati in un girone dantesco a vivere sempre la stessa routine. Cambiare si può, anzi si deve. Ricordo sempre nei miei scritti che: per avere cose mai avute bisogna fare cose mai fatte. Solo così facendo posso realizzare i miei sogni, se incomincio a fare, incomincio a mettere la prima pietra. Se hai difficoltà a realizzarti Contattami.